“È verità universalmente riconosciuta che uno scapolo in possesso di un solido patrimonio debba essere in cerca di moglie”. L’incipit di Orgoglio e pregiudizio, forse uno dei più noti nella storia della letteratura, riassume con tagliente semplicità il leitmotiv della scrittura di Jane Austen. La sua vita è trascorsa fra le confortevoli quattro mura della casa nell’Hampshire, in compagnia della madre e delle sorelle, mentre il mondo là fuori esplodeva per gli stravolgimenti economici e sociali derivati dalla rivoluzione industriale e Mary Wollstonecraft (madre di Mary Shelley, autrice di Frankenstein) pubblicava il primo volumetto britannico sul tema dell’emancipazione delle donne, precursore del movimento delle suffragette. Come classificare una scrittrice di estrazione borghese, vissuta alle spalle dell’era vittoriana e morta “senza marito” a soli 42 anni? Conformista o femminista? Inguaribile romantica o unica ispiratrice della Stanza tutta per sé di Virginia Woolf? “Ragione e sentimento”, “Orgoglio e pregiudizio”, “Mansfield park”, “Emma”, “L’abbazia di Northanger”, “Persuasione”. I sei romanzi di Austen dipingono un percorso di formazione dell’io femminile che scardina con ironia le convenzioni sociali in cui la stessa autrice vive e nelle quali ha piena fiducia. Le sue protagoniste-tipo, che non hanno precedenti in letteratura, sono consapevoli del loro ruolo nella società – in cui avere un marito e una dote ha un’importanza cruciale – ma rivendicano la volontà di sposarsi per amore e per libera scelta, non per imposizione o convenienza. Le donne e gli uomini che ambiscono a tale destino, ricordiamo, sono i villain, i “cattivi” (o le “cattive”) della storia (Lucy Steele, Charlotte Lucas, Mr Elton). L’esplosione finale delle sue storie non è il matrimonio, ma la ricerca della felicità. La costante ricerca di qualcuno da amare non si limita alla vita matrimoniale. Nessun personaggio di Austen agisce nella solitudine, ciascuna ha un proprio contraltare in una co-protagonista – quasi sempre diversa per carattere e ambizioni – con cui coltiva un profondo legame di sorellanza. Pensiamo a cos’ha rappresentato Jane Bennett per la sorella Elizabeth, Elinor Dashwood per Marianne, fino a Lady Russell per Anne Elliott. Visti uno dopo l’altro, nell’ordine cronologico in cui sono stati scritti, i sei romanzi costituiscono un inedito percorso di formazione, in cui le protagoniste (come fossero sei facce di una stessa medaglia) sperimentano una «trasformazione del sé in relazione con l’altro.» Il saggio di Liliana Rampello “Sei romanzi perfetti“, edito da Il Saggiatore, analizza dunque la produzione narrativa di Austen nelle sue tre dimensioni essenziali: personaggi, trama e spazio. Uno dei pregi delle sue opere è che a distanza di tempo, anche se non ricordiamo nel dettaglio gli snodi narrativi di ogni singolo romanzo, abbiamo ben visibili nella mente alcuni elementi cardine. Anzitutto le storie avvengono in uno spazio perimetrale ben definito (la tenuta, la villa, il piccolo villaggio, precisi quartieri di Londra), che assume un significato simbolico nel momento in cui il possesso o meno di un’abitazione dignitosa è essenziale per il consenso al matrimonio. La “povertà” di Frederick Wentworth in “Persuasione”e di Edward Ferrars in “Ragione e sentimento” ne sono un esempio. Vi sono poi alcuni topoi che ritroviamo in ogni opera: l’inchino di saluto quando uomini e donne si ritrovano nella stessa stanza, i ricevimenti in maestose sale da ballo, le fanciulle colte da svenimento, l’invio furtivo di lettere e biglietti. Non si trovano riferimenti alla Storia, al mondo che avanza al di fuori delle quattro mura in cui le protagoniste vivono la propria educazione sentimentale. Il mondo descritto da Austen procede lineare, senza svolte improvvise e colpi di scena: sono i dialoghi tra i personaggi, in particolare fra uomini e donne, a essere essi stessi azione. L’eroina è capace di mantenere, nella conversazione con un uomo, il proprio autonomo punto di vista sulla realtà, ed è così profondamente consapevole dell’antica e logora disputa fra uomini e donne sulle possibilità di queste ultime di fare quello che vogliono, da zittire molto ironicamente, quando ne ha l’occasione, il suo interlocutore.
Capita di incontrarla quando il cielo è rosso. Le case, in basso, hanno lo stesso colore del cielo, e la balena bianca – eccola, enorme, la vedi? – nuota nell’aria lasciando come una scia d’aeroplano: ma sono le ciminiere e i comignoli della città che ha sul dorso, a fumare quel fumo sottile. A volte invece si muovono in gruppo, lo intuisci da una pinna che spunta a bordo quadro, o forse è un’unica balena che ha messo davanti la coda, che ha detto, aspetta, prima di muovermi tutta, mando avanti una pinna in esplorazione. eccola, enorme, la vedi? – nuota nell’aria lasciando come una scia d’aeroplano Prima la coda poi il capo, prima il carro, prima la matassa. Prima i cetacei o le città? La verità è che questo – il nostro? – è un mondo di contraddizioni, di compresenze, in cui i fumi urbani si mischiano ai fumetti, in cui i sogni, alati, natanti, galleggiano nell’aria come mongolfiere: non dirigibili, non prevedibili. Ancora, e sempre. Gregorio Giannotta vive e lavora qui, a Genova. Si è diplomato all’Accademia Ligustica di Belle Arti e se siete curiosi di conoscere i suoi lavori, scoprirete che ha fatto di tutto: illustrazioni, disegni, quadri, animazione… Nel 2006, insieme a Paola Rando, ha aperto “AnimArs”, un atelier situato nel cuore del centro storico genovese, dove potete vedere rinoceronti cannone, navi con le gambe, leviatani che sorvegliano le città o soltanto le sovrastano, che guardano il mondo dall’alto e al contempo lo portano sulla testa. i sogni, alati, natanti, galleggiano nell’aria come mongolfiere: non dirigibili, non prevedibili Come si traccia la mappa di un mondo così? Che cos’è Atlante? C’è un omino con i baffi lunghissimi, orizzontali, a cui forse si può chiedere. Compare e riappare, ma non sappiamo se dica il vero: i suoi occhi sono nascosti dietro un paio di occhiali rotondi, e quei baffi, che per primi sfuggono alla forza di gravità, sembrano promettere più ironia che competenza sulle cose del mondo. Come si traccia la mappa di un mondo così? Che cos’è Atlante? Che cos’è Atlante? C’è una mano che disegna un tratteggio, ci sono monti che sembrano giganti svenuti per terra. Di nuovo l’omino baffuto, di profilo (assomiglia, assomiglia a qualcuno…) che guarda lontano e sembra suggerire: Atlante è ciò che puoi disegnare del mondo. Non un tentativo d’ordine, sembra dire, non una necessità di controllo: piuttosto il desiderio di tracciare strade per l’ognidove. Atlante, mostra personale di Gregorio Giannotta, in Officina Letteraria dall’8 al 29 novembre.
Ho avuto il piacere di visitare la redazione di Andersen – Il mondo dell’infanzia, per intervistare la direttrice responsabile Barbara Schiaffino. La sede della rivista è vicinissima a una delle zone più affascinanti e panoramiche di Genova (spianata Castelletto) ed è un posto accogliente, “caldo”, tappezzato di libri: un posto in cui si respira cultura, familiarità, amicizia. La rivista Andersen (oltre che sul sito ufficiale, potete trovare informazioni sulla ricchissima pagina Facebook) è nata nel 1982 ed è l’unico mensile italiano interamente dedicato alla cultura per l’infanzia: grazie alle collaborazioni con esperti internazionali di altissimo livello, negli anni è diventata un punto di riferimento per scuole, biblioteche, lettori, insegnanti, e chiunque si occupi di cultura per l’infanzia e didattica. Il coordinamento redazionale della rivista è affidato a Walter Fochesato e Anselmo Roveda, per Officina “maestro” del laboratorio Oltre le fiabe. Ma Andersen è anche un premio annuale: il più ambito riconoscimento assegnato in Italia agli autori, ai libri, agli editori per ragazzi e ai promotori della lettura. Il premio ha luogo a Genova (dal 2010) a fine maggio, in una cornice di iniziative e incontri in luoghi diversi della città. Non si tratta dell’unico evento curato da Andersen, che nel corso dell’anno collabora in questo senso con enti pubblici, organizzazioni e aziende per mostre, cicli di formazioni e iniziative diverse. Ecco la chiacchierata con Barbara Schiaffino. Come nascono la rivista Andersen e il premio Andersen? Da un bisogno di informazione e da un’intuizione. Nei primi anni ’80 si cominciava a delineare un panorama sempre più ricco di proposte rivolte all’infanzia, articolato in numerose sigle e progetti editoriali che davano voce a nuovi modi e stili con cui scrittori e illustratori rivolgevano le loro storie ai bambini e ai ragazzi. Questo per quanto riguarda l’offerta, ma anche da parte della domanda si stavano manifestando grandi cambiamenti con l’apertura di librerie specializzate e l’istituzione e il consolidamento delle sezioni ragazzi delle biblioteche di pubblica lettura, le prime realtà in Italia a prendersi in carico la promozione della lettura tra i ragazzi. Un mare di nuovi libri e autori, affascinante ma impegnativo da navigare senza un sestante per orientarsi e individuare le rotte del viaggio. Un mare di nuovi libri e autori, affascinante ma impegnativo da navigare senza un sestante per orientarsi e individuare le rotte del viaggio. ANDERSEN è nata con questa missione e continua ancora oggi – mese per mese dalle pagine della rivista e una volta all’anno con le scelte della giuria del premio – a suggerire percorsi, a far conoscere con tempestività le novità più interessanti e mettere in rilievo le qualità espresse dalla letteratura e dall’editoria. Un osservatorio capace di uno sguardo ampio e internazionale, impegnato a raccontare ai lettori del nostro paese quanto accade nella cultura dell’infanzia a tutto tondo. Come è cambiato il mondo dell’editoria da quando hai iniziato a lavorare in questo settore ad oggi? Ho cominciato a metà degli anni ’90, un momento molto fecondo: aumentava il numero di novità proposte dagli editori, nascevano nuovi editori impegnati sul fronte della valorizzazione dell’albo illustrato, cresceva la qualità complessiva della proposta. In questo fiorire, di quantità e di qualità, il settore ha poi trovato, nel volgere di pochi anni, una sua stabilità. Alcuni editori sono nati, altri si sono ritirati, ma il complesso dell’offerta di lettura è rimasto sostanzialmente immutato almeno per tutto il primo decennio del nuovo millennio. Qualche cambiamento, non un vero e proprio arretramento, piuttosto una più oculata gestione dei cataloghi è intervenuta in questi ultimi tre anni di crisi. Discorso diverso per i fenomeni, le mode, le soluzioni editoriali che mutano assai più velocemente, ma questo è comune ad altri settori del libro. Infine, in questo ultimo biennio si è molto parlato di digitale e lettura, ma per quel riguarda i giovani lettori – forse ad esclusione dei cosiddetti young adult – il cartaceo non conosce una messa in discussione pari a quella vissuta da altri segmenti dell’editoria, merito pure del bisogno di spazi per l’illustrazione, non ancora surrogabili nel digitale, e della lettura come esperienza anche “fisica” per i più piccoli. Vedi dei cambiamenti anche dal punto di vista dei “lettori”? Quanto e cosa leggono le nuove generazioni? I lettori godono dell’offerta e della capacità dei mediatori della lettura di porgere loro i libri; in libreria, in biblioteca, a casa e a scuola tutto dipende dall’accessibilità a buone letture, di narrativa e di illustrati. In generale, pur a fronte di fenomeni mass market che coinvolgono soprattutto i lettori occasionali e che non stigmatizzo perché magari rappresentano una prima opportunità d’incontro col libro; in generale, dicevo, esistono giovani e giovanissimi forti lettori che fruiscono dei molti bei libri ogni anno pubblicati in Italia. Di certo, il mercato italiano è un ambito ristretto, basta vedere il numero delle tirature medie che spesso non raggiungono le 2000 copie. Quanto leggono? Le statistiche dicono molto più degli adulti, ma il dato va sempre tarato con la lettura ‘prescritta’. Cosa leggono? Di tutto, certo con picchi e preferenze chiare rivolte ad alcuni fenomeni editoriali perduranti o di moda. Nel primo caso penso ai libri di Geronimo Stilton e compagnia, a quelli di Licia Troisi, alla Schiappa, per certi versi a Harry Potter; nel secondo caso alle molte serie, soprattutto per adolescenti, che hanno indagato paranormale, distopie, vampiri, lupi mannari… Che soluzioni e prospettive vedi per quanto riguarda la crisi del settore editoriale? No comment. O meglio servirebbero un centinaio di pagine… a parte gli scherzi… voglio essere fiduciosa. Spero, e conto, che i prossimi anni portino un po’ di sollievo per tutti, filiera del libro compresa. Tre libri che hai letto da bambina e che ti hanno “accompagnata” nella vita Il primo è stato “Favole al telefono” di Gianni Rodari nell’edizione Einaudi illustrata da Bruno Munari. L’ho sentito mio ancor prima di leggerlo, perché conoscevo già molte di quelle storie che mia mamma, insegnante elementare, mi aveva raccontato con parole sue, facendomi pregustare il sapore del libro: quando mi è arrivato in dono sapevo che era stato scelto
Domenica 28 ottobre 2014 si è svolta al Count Basie Jazz Club di Genova la prima serata di Non sparate allo scrittore!, contest di racconti brevi e musica nato in collaborazione con Elisa Traverso e il Collettivo Linea S. La squadra vincitrice, il cui tema era Accordi, è composta da Federica Kessisoglu, Paolo Gerbella e Annamaria Frigerio. Pubblichiamo il racconto Sento, di Anna Maria Frigerio. Fino a un attimo fa i suoni erano diversi. Battiti profondi e ricorrenti, fruscii, lo scorrere continuo di qualcosa, colpi improvvisi, gorgoglii strozzati. Suoni che arrivavano ogni tanto e altri sempre lì, a farmi compagnia, legati tra loro in qualche modo o isolati, ritmati o disordinati. Poi ce n’erano alcuni che arrivavano da lontano, attutiti dall’abbraccio d’acqua e carne in cui ero immerso. Sopra a tutti una voce, il più delle volte tranquilla, sussurrata, dolce. Solo a momenti il tono si alzava, diventava stridulo e io sobbalzavo per quella perdita di armonia. Cercavo rifugio nell’angolo più profondo della calda profondità in cui stavo. A volte la voce taceva, ma mi arrivavano ondate silenziose, emozioni che mi facevano tremare, nonostante la temperatura costante del luogo in cui ero. Poi la voce tornava a parlare e a cantare, circondata da altri suoni sconosciuti. Quando sentivo che parlavano con me, muovevo mani e piedi nel poco spazio che mi era dato, in un inizio di comunicazione istintivo ed entusiasmante. C’erano già suoni che mi piacevano, altri che non mi dicevano niente o di cui avevo paura. In un tempo lungo e spaventoso è cambiato tutto. Da uno spazio sempre più stretto ma calmo, circondato dai suoni che conoscevo, ho cominciato a essere spinto altrove. Contratto e tremante, andavo avanti, mi fermavo in una morsa e tornavo indietro, capendo che era inutile, trovandomi di nuovo spinto in avanti. I suoni, dentro e fuori, si erano moltiplicati e intensificati, in un frastuono intenso, dominato dalla confusione e dal disordine. Andavo avanti, mi fermavo e tornavo indietro, riafferrato da una pace che non volevo perdere. Potevo lottare contro, ma anche lottare insieme per arrivare non sapevo dove; sperimentare la disarmonia o trovare l’armonia di un movimento comune. Sono fuori, sono arrivato. Non sento più i battiti profondi e ricorrenti, i fruscii, lo scorrere continuo di qualcosa, i colpi improvvisi e i gorgoglii strozzati. Riconosco quei suoni che prima mi arrivavano da lontano e ora mi stanno addosso. Non c’è più niente che mi protegga da loro. Scopro un rumore nuovo, esce dal mio corpo, è stridulo e forte. Protesto con il pianto per il freddo, la paura e l’improvvisa solitudine. Ritrovo il calore appena perso appoggiato, per un attimo, sul corpo di mia madre e sento la sua voce. E’ diversa, non rimbomba, ma è quella che conosco da sempre. Mi placo. Mani decise mi afferrano, mi strofinano e mi frugano. Vengo immerso in qualcosa che evoca il luogo da cui vengo e, per un attimo, grazie alla ritrovata protezione dell’acqua, ritorno in quel mondo di suoni, che ho appena perso per sempre. Ricordiamo che il prossimo appuntamento con Non sparate allo scrittore! è domenica 30 novembre. Tema della serata: malattie esantematiche.
Domenica 28 ottobre 2014 si è svolta al Count Basie Jazz Club di Genova la prima serata di Non sparate allo scrittore!, contest di racconti brevi e musica nato in collaborazione con Elisa Traverso e il Collettivo Linea S. La squadra vincitrice, il cui tema era Accordi, è composta da Federica Kessisoglu, Paolo Gerbella e Annamaria Frigerio. Pubblichiamo il racconto L’accordo perfetto, di Federica Kessisoglu. Diario di bordo AD 4554 giorno 255 Oggi ascolto e aspiro e distinguo e canto. Oggi come ieri, come nel giorno 59, come non ricordo più da quanto … Oggi voglio scrivere di me, di quello che è successo, di quello che succede, perché forse sto per diventare pazzo e invece devo mantenermi lucido, devo tenermi aggrappato alle parole, ai suoni che sento nella testa, distinti, precisi. Oggi scrivo la fine che è domani o tra un minuto o tra milioni di anni. Il mio nome non è importante. Sono un musicista o, per meglio dire, lo ero. Passavo le giornate a combinare note, a fissare tempi e sospensioni, a inventare accordi, ad ascoltare i suoni dei pianeti. In un giorno del passato tutto questo ha cessato di essere. In quel giorno del passato, non so come, il mondo allora conosciuto è stato violentato da un rumore lancinante, intollerabile. L’unica cosa che so è che questo rumore è l’insieme di tutti i suoni prodotti dal big bang a oggi. È come se i suoni non si fossero mai estinti. È come se si fossero accumulati da qualche parte. Forse si sono solidificati, si sono fatti stella e poi supernova invadendo lo spazio, ogni angolo della terra, insinuandosi dappertutto, formando una cappa di note impazzite, di frastuono, di parole tutto attorno e dentro e fuori, diventando insopportabili all’orecchio umano e non umano. Gli animali sono stati i primi a impazzire. La sordità precoce è divenuta la patologia più diffusa, rifugio sicuro dalla follia. In quel giorno del passato e in quelli successivi, a quel rumore riuscii a trovare un senso. Riuscii a distinguere delle note, dei suoni che potevano essere combinati in accordi, in armonie. Si trattava solo di trovare il modo di isolarli, perché altri oltre a me sentissero quella musica meravigliosa. Con l’aiuto di un amico ingegnere costruii una macchina che intercettava le famiglie di frequenze e le traduceva in suoni armonici: lo strumento li registrava isolandoli dal resto. Ma tutto questo è stato inutile. Sono stato accusato di alimentare la “cacofonia cosmica”, così l’hanno chiamata. La commissione disciplinare interplanetaria mi ha condannato a cinque anni di lavori socialmente utili. Sono rinchiuso da due anni in una navicella di due metri per quattro, sperduto nel vuoto cosmico a ripulire lo spazio dall’inquinamento acustico. Aspiro i suoni, come potrei aspirare la polvere, da più di seicento giorni. Qualcuno, se ci sarà ancora qualcuno, forse leggerà queste righe, forse capirà, forse giudicherà, ma saprà ascoltare? Ora riesco a distinguere un sol, il rumore della pioggia sulle foglie di un platano, il risolino acuto di alcuni bambini che giocano a rincorrersi. Ascolto e aspiro e distinguo e canto. E poi ascolto e aspiro e distinguo e canto. Ecco, non sono pazzo! Di nuovo un sol ma questa volta minore e il canto del cuculo e una mezza frase tra due innamorati… prima o poi troverò l’accordo perfetto e allora rimarrà solo luce. La fine capirà come ascoltare. Non sono pazzo… ascolto e aspiro e distinguo e canto… ascolto e aspiro e distinguo e canto… Ricordiamo che il prossimo appuntamento con Non sparate allo scrittore! è domenica 30 novembre. Tema della serata: malattie esantematiche.
È partita poco più di una settimana fa la stagione teatrale 2014 /2015 al Teatro dell’Archivolto. Ad aprirla Neri Marcorè e la Banda Osiris con lo spettacolo Beatles Submarine, testi e regia di Giorgio Gallione. Non un tributo ai quattro di Liverpool, ma uno spettacolo surreale e visionario che “costringe” lo spettatore a salire sul sottomarino giallo insieme a Paul, John, Ringo e George che a distanza di cinquant’anni sembra non abbiano mai smesso di suonare. “Paul, John, Ringo e George che a distanza di cinquant’anni sembra non abbiano mai smesso di suonare.” Le musiche, interpretate e rivisitate dalla Banda Osiris, si alternano a brevi monologhi durante i quali Neri Marcorè, nella doppia veste di cantante e attore, racconta la storia degli “scarafaggi”, dalla prima ospitata televisiva alla morte per mano di Mark David Chapman di John Lennon. E poi ancora la beatlesmania, le poesie di Paul McCartney, i racconti di Lennon, e le pagine di Alice di Lewis Carrol. Beatles submarine mi ha divertito ed emozionato, mi ha fatto cantare e mi ha lasciato con un po’ di nostalgia per non aver vissuto l’epoca dei Fab Four. Al termine dello spettacolo una sorpresa per gli spettatori, che si ripeterà per tutte e cinque le produzioni dell’Archivolto. Una volta calato il sipario il pubblico potrà fermarsi in sala e incontrare Giorgio Gallione, che racconterà come nasce uno spettacolo, dall’idea alla versione definitiva, e che risponderà alle domande e alla curiosità dei presenti. Leggere uno spettacolo è un modo per avvicinare il teatro agli spettatori, creando una via privilegiata di comunicazione, per me è stato un modo per appropriarmi ancora di più dello spettacolo che avevo appena visto, cogliendo dettagli e sfumature che avevo trascurato. Da ripetere.
Un tema portante, tre parole in gara. Tre squadre di scrittori per nove brani raccontati ad alta voce. Uno scrittore (o scrittrice) genovese che gioca con loro. Un musicista che esalta le atmosfere. Una giuria popolare formata da tutto il pubblico che vota. Un’antologia visiva di reading e musica per una serata intrigante dove la scrittura è gioco. Da ottobre a dicembre 2014 Officina Letteraria partecipa a Non sparate allo scrittore!, un contest di racconti brevi e musica che si terrà presso il Count Basie Jazz Club di Genova ed è stata ideata e organizzata da un gruppo di ex allievi dei nostri laboratori di scrittura. La rassegna, ideata da Elisa Traverso in collaborazione con il Collettivo Linea S, è articolata in tre appuntamenti: per ogni serata è stato scelto un tema e tre parole, intorno alle quali si sfideranno tre squadre di scrittori, ciascuna capitanata da un membro del Collettivo Linea S. A coronare la serata saranno uno “scrittore guest star”, scelto tra i Maestri di Officina, e un accompagnamento musicale. Programma di Non sparate allo scrittore! Domenica 26 ottobre ore 21 “NON LA SOLITA MUSICA” Parole in gara: #CORI #CORDE #ACCORDI Guest Sara Rattaro, musica con Stefano Ronchi Domenica 30 novembre ore 21 “MALATTIE ESANTEMATICHE” Parole in gara: # PUNTINI #PRURITI #FEBBRI Guest Barbara Fiorio, musica con Max Vigilante Domenica 28 Dicembre ore 21 “LUOGHI COMUNI” Parole in gara: #CASA #CHIESA #CESSO* Guest Bruno Morchio, musica con Max Vigilante. L’ingresso alle serate è libero con tessera ARCI.
MeP, il Movimento per l’emancipazione della Poesia. Se vi è capitato di aprire un libro, preso in prestito in biblioteca o appena comprato, e trovare in mezzo alle pagine un foglio con una poesia, ecco, allora sapete di chi sto parlando. Oppure può essere che l’abbiate trovata per strada. L’incontro improvviso, fortuito, che avviene dietro un angolo, oppure quasi di schianto, contro un muro che proprio non vi aspettavate, è forse meno intimo, ma più emozionante. Solenne, quasi. Ma che luoghi abita la poesia? Se chiedete ai poeti del MeP, il Movimento per l’emancipazione della Poesia, vi sentirete rispondere che non si tratta di luoghi adatti o meno, il problema è il ruolo. “Ad oggi la poesia non possiede, nella volgare società contemporanea, il ruolo che dovrebbe, per ragioni culturali e storiche…” “Ad oggi la poesia non possiede, nella volgare società contemporanea, il ruolo che dovrebbe, per ragioni culturali e storiche, spettarle. E non perché essa non sia ancora portatrice della capacità di comunicare e suscitare emozioni, sentimenti e fantasie, quanto perché, sebbene si continui a scriverla, non si continua a leggerla, preferendo basso e vuoto intrattenimento” (dal Manifesto del Movimento) Poesia con prepotenza, se occorre. Il MeP, nato a Firenze nel 2010 e poi diffusosi in diverse città italiane, è formato da poeti anonimi (perché è la poesia che deve avere il risalto maggiore) e si propone proprio di rinnovare l’interesse e il rispetto per questa forma di scrittura, svincolandola dal libro stampato attraverso affissioni, eventi, reading, fotografie, esposizioni, trasmissioni, diffusione online. Con “prepotenza”, se occorre. Alcune azioni, infatti, tra cui l’attacchinaggio, non sono consentite dalla legge. Ma forse è davvero giunto il momento di scrivere sui muri, per così dire, di sfruttare quella “proprietà intrinseca della parola scritta per la quale risulta impossibile per chiunque getti su di essa lo sguardo non leggerla” (dallo Statuto). Perché ne abbiamo bisogno. Perché adesso, da quando ne ho incontrata una, a Genova, nei vicoli, da quel momento i miei occhi cercano la poesia dappertutto.
Internazionale a Ferrara 2014: un weekend con tutti i giornalisti del mondo. Venerdì 3 Ottobre sono salita su un treno, per la verità tre, e sono scesa a Ferrara. Cominciava quella mattina l’ottava edizione del Internazionale a Ferrara 2014, settimanale italiano di informazione che pubblica articoli di influenti giornali stranieri tradotti in lingua italiana. “Una finestra spalancata sul mondo”, intensivamente, per tre giorni, da venerdì a domenica e che raduna molti protagonisti del migliore giornalismo internazionale, in un susseguirsi di interviste, proiezioni di film e documentari, dibattiti, presentazioni di libri, dialoghi sulla cultura e workshop con scrittori, giornalisti, fotografi, registi e creativi. Maisa Saleh contro il regno del silenzio: il mondo deve sapere Cammino per le strade del centro storico di Ferrara per raggiungere i vari luoghi del festival e partecipare agli incontri, scopro una città limpida e formicolante di universitari e biciclette. L’inaugurazione del Festival si svolge dentro al Cinema Apollo, subito dopo assisto all’assegnazione del premio giornalistico Anna Politkovskaja, che quest’anno è stato attribuito alla giornalista siriana Maisa Saleh. Maisa è una ragazza di poco più di trent’anni, nella vita faceva l’infermiera ad Aleppo, ma un giorno ha deciso di prendere parte a quella rivoluzione pacifica contro la dittatura, contro la negazione di tutti i diritti e le libertà, ma soprattutto contro quel che definisce il “regno del silenzio” di una Siria pre rivoluzionaria in cui dentro ad ogni casa nessun genitore parlava a propri figli di quello che stava accadendo. Così Maisa è diventata prima attivista e poi giornalista, ha condotto un programma su Orient tv, rischiando la vita ad ogni servizio ed è stata arrestata e torturata dal regime per essere andata alla ricerca della verità, una verità che ha ben poco a che fare con la piega integralista ed estremista che ha preso una parte della rivoluzione, e per averla diffusa. Maisa Saleh, penso, ha fatto del raccontare la sua missione. Ha imparato da sola, non ha frequentato nessuna scuola che le insegnasse come farlo, è stata mossa, credo, da quell’esigenza profonda e viscerale che è propria di tutti i narratori: l’ardere sotto la pelle di una storia che ha bisogno di trovare una voce, che freme per essere condotta alle orecchie di qualcun altro, perché questo qualcun altro la accolga e la senta un po’ sua, perché questo qualcun altro sappia e attraverso essa possa conoscere il mondo in cui vive e soprattutto possa imparare qualcosa. “Tutto questo non accade lontano da noi e in un tempo altro” dice, “bisogna raccontare queste storie” “Tutto questo non accade lontano da noi e in un tempo altro” dice, “bisogna raccontare queste storie” perché questa follia non dilaghi in altre parti del mondo. Credo che in fondo non ci sia molta differenza tra il giornalismo di Maisa e l’esperienza della scrittura e della lettura: sono tutte parole fatte per salvare. Cambiare, un millimetro alla volta. Internazionale a Ferrara 2014 prosegue e io mi dirigo verso altri luoghi, ascolto, in apertura all’incontro “L’Esplosione”, il meraviglioso monologo satirico di Karl Sharro, giornalista e scrittore inglese di origini irachene i cui messaggi satirici contro l’oriente e l’occidente sono seguiti ormai da milioni e milioni di follower su Twitter. Nel pomeriggio raggiungo la Biblioteca Ariostea per sentir parlare Marino Sinibaldi, giornalista, critico letterario, vicedirettore di Rai Radio 3 e ideatore della trasmissione di libri Fahrenheit e della Festa del libro e della lettura Libri come. È Giuliano Milani, giornalista di Internazionale, a presentare il suo libro, “Un millimetro in là, intervista sulla cultura“. Il millimetro di cui parla Sinibaldi nel libro è quello spazio di cambiamento che possiamo raggiungere attraverso la cultura. L’accesso alla cultura letteraria e alla cultura in generale non è mai stato così facile e immediato come oggi, dice Sinibaldi. Abbiamo raggiunto un livello di evoluzione tecnologica tale, che ci è permesso di avere accesso a qualsiasi tipo di informazione in ogni istante e in ogni luogo. La stessa comunicazione ormai non ha più limiti né di spazio né di tempo. Il punto è riuscire a prendere coscienza dell’importanza di questo risultato e capire come usarlo nel migliore dei modi. “I libri sono somma di immaginazione e immedesimazione: il libro ti costringe a immaginare” Si finisce a parlare di libri. I libri, dice Sinibaldi, sono somma di immaginazione e immedesimazione: il libro ti costringe a immaginare, perché il testo, di per sé, non è nulla senza l’immaginazione del lettore. Non si può leggere un romanzo senza immedesimarsi nei sentimenti dei personaggi e senza immaginare i loro volti. È questo che rende la lettura “una cosa dove devi fare qualcosa tu”. Leggere allena all’autonomia. “Autonomia è una parola bellissima, significa costruirsi una personalità e la letteratura è una grande addestratrice”. Perché l’umanità ha bisogno di storie? Il lettore legge la sua vita attraverso la letteratura e trova in essa una sorta di “rotta”, spesso l’appagamento di un forte bisogno di consolazione. Insomma, i libri ti cambiano la vita e ti rendono capace di scegliere. Siamo tornati all’inizio, a Maisa e alle parole che salvano. Il Festival prosegue e io torno a casa, un po’ più ricca di prima.
Segnaliamo che sono aperte le iscrizioni per la IV edizione del Premio Letterario La Giara, concorso per romanzi inediti in lingua italiana scritti da autori di età inferiore ai 39 anni. La scadenza del bando è il 31 dicembre 2014. Regolamento del concorso Il concorso è riservato a scrittori, residenti in Italia, di età compresa tra i 18 e i 39 anni compiuti alla data di inizio del Premio (ossia il 7 aprile 2014). I partecipanti devono inviare entro il 31 dicembre 2014 una sola opera di narrativa in prosa, scritta in lingua italiana, originale e inedita. La lunghezza complessiva dell’opera deve essere uguale o superiore a 180.000 caratteri (spazi inclusi). Sono escluse dal Premio le raccolte di racconti. Le opere dovranno essere inviate in 6 copie cartacee (più 1 in formato elettronico) all’indirizzo postale del Premio corrispondente alla propria Regione di residenza. Per la Liguria, l’indirizzo cui inviare l’opera è “Premio La Giara – C/O Sede regionale Rai per la Liguria – corso Europa, 125 – 16132 Genova”. Una prima selezione avviene su base regionale, in funzione della Regione di residenza dell’autore. Le opere saranno valutate dunque in due fasi, da altrettante giurie di esperti in ambito letterario nominate da Rai. Il Premio consiste nella pubblicazione dell’opera vincitrice a cura di RAI Eri, con vendita nelle principali librerie nazionali e opzione per l’eventuale trasposizione cinematografica e televisiva. Il contratto di edizione prevede il riconoscimento all’autore di una quota pari al 7%, calcolata sul prezzo di copertina al netto dell’Iva. La premiazione si terrà alla fine di luglio 2015, nel corso di un evento televisivo trasmesso sui canali RAI dalla Valle dei Templi di Agrigento. Per ulteriori informazioni rimandiamo al sito web del Premio Letterario La Giara 2014.
Frida e Diego sono approdati a Genova. Finalmente, almeno per me che amo Frida Kahlo, il 20 settembre è stata inaugurata la mostra dedicata ai due artisti messicani. Duecento opere, tra dipinti e fotografie, occuperanno gli appartamenti del Doge a Palazzo Ducale fino all’8 febbraio 2015. Nelle dodici sale si alternano i dipinti di Diego e gli autoritratti di Frida, in un percorso che racconta al visitatore non solo l’arte, ma, soprattutto, la vita dei coniugi Rivera. Una vita intensa, bella e dolorosa quella di Frida e Diego, uniti dall’amore per l’arte, per il Messico e la rivoluzione. Una coppia non convenzionale, “l’elefante e la colomba” li definì il padre di Frida, Guillermo Kahlo, quando seppe che la sua giovane e delicata figlia voleva sposare Diego Rivera, pittore della rivoluzione messicana con un corpo massiccio e grossolano, tanto più grande di lei e con mogli e figli alle spalle. Diego Rivera dipingeva la storia nazionale messicana e la rivoluzione nei suoi grandi murales, Frida Kahlo ritraeva solo se stessa. Diego Rivera dipingeva la storia nazionale messicana e la rivoluzione nei suoi grandi murales, Frida Kahlo ritraeva solo se stessa. “La mia pittura porta il messaggio del dolore, la mia pittura non è rivoluzionaria”, aveva dichiarato Frida durante un’intervista. Il dolore di cui parla è il dolore per quel corpo disgraziato che le era toccato in sorte, per i figli che non era riuscita a partorire, per i tradimenti di Diego, che, a sua volta, lei stessa tradiva. Due vite da romanzo, di quelli da leggere tutto di un fiato. E sono tanti, infatti, gli scrittori che si sono dedicati a Frida e Diego: Jean- Marie Le Clézio che ha raccontato la loro storia nel suo “Diego e Frida, un amore assoluto sullo sfondo del Messico rivoluzionario”; Pino Cacucci che ha dato la voce a Frida nel suo monologo “Viva la vida!”, e, ancora, la scrittrice croata Slavenka Drakulic con il suo romanzo “Il letto di Frida”. Se siete a Genova, se passate di qua, visitate la mostra: la forza di Frida Kahlo, la sua voglia di vivere, il desiderio di andarsene per non tornare vi colpiranno e Diego e Frida non vi lasceranno più!
È cominciata ufficialmente oggi (nonostante alcune delle iniziative fossero state già presentate nei giorni scorsi) la quarta edizione del Festival Sugarpulp di Padova (da quest’anno Sugarcon). Ho assistito purtroppo solo alla prima edizione del festival, nel 2011: c’ero capitata – e lo ammetto senza pudore – per ascoltare e guardare con occhi adoranti Joe Lansdale, uno dei miei scrittori preferiti. Il mio tenero cuore da fangirl in quell’occasione mi ha portato a scoprire con gioia e meraviglia una delle realtà più dinamiche, interessanti e innovative che ci ritroviamo sul territorio nazionale: l’associazione culturale Sugarpulp. …una delle realtà più dinamiche, interessanti e innovative che ci ritroviamo sul territorio nazionale: l’associazione culturale Sugarpulp… Nata nel gennaio del 2011 dalla mente di Giacomo Brunoro e Matteo Strukul (autore del recente e bellissimo La giostra dei fiori spezzati, Mondadori) l’associazione cura oggi sia la rivista Sugarpulp Magazine che il festival SugarCon e si occupa di promozione culturale, letteratura di genere, scoperta o “importazione” di nuove voci, cinema e fumetti. Il festival SugarCon (che andrà avanti a ritmi serratissimi fino a domenica 28 settembre) anche quest’anno propone un calendario ricco di appuntamenti e di ospiti internazionali: da Tim Williocks, a Victor Gischler, alla “nostrana” Licia Troisi, e per la sezione Comics tra gli altri Giorgio Cavazzano. Gli eventi (workshop, presentazioni, convegni) si svolgono in varie sedi nel centro di Padova: da Palazzo Zuckermann, allo storico caffè Pedrocchi, al Sottopasso della Stua. Se siete della zona o avete modo di fare… un salto a Padova, vi consiglio di cuore di andare a seguire il festival. Fatelo anche per me, che vi invidierò non poco.
Officina Letteraria, in collaborazione con il negozio di abbigliamento Lo Spaventapasseri, presenta il concorso letterario Il mio vestito, una seconda pelle. Si partecipa con un racconto inedito, da inviare entro il 30/09. In palio la pubblicazione sul blog di Officina Letteraria, una tessera per i Sabati in Officina e un regalo da Lo Spaventapasseri. Regolamento del concorso letterario 1. Si partecipa al concorso con un racconto sul tema Il mio vestito, la mia seconda pelle, di lunghezza compresa tra le 9.000 e le 15.000 battute spazi inclusi (Times New Roman corpo 12, ogni cartella 1.800 battute spazi inclusi). 2. Il concorso è aperto a tutti. 3. Il racconto deve essere inviato o consegnato entro martedì 30 settembre 2014, in 5 copie al negozio Lo Spaventapasseri (via Luccoli, Genova) o inviato per posta a Officina Letteraria (via Cairoli 4B, 16124 Genova). 4. Al racconto deve essere allegato un foglio con i dati dell’autore: nome, cognome, data di nascita, indirizzo, numero telefonico e indirizzo mail. 5. Non è possibile partecipare con racconti già pubblicati. 6. I diritti sui racconti restano di proprietà degli autori, con il consenso dato a Officina Letteraria e Lo Spaventapasseri di pubblicare sulle loro piattaforme web il racconto primo classificato. La commissione di lettura composta da Emilia Marasco, Ester Armanino, Valentina Mosconi e Cristina Carrossino terminerà i lavori entro il 30/10. La premiazione avverrà venerdì 7 novembre presso Lo Spaventapasseri. Saranno selezionati 3 racconti. Il 1° classificato sarà pubblicato sul sito di Officina Letteraria e sulla pagina Facebook de Lo Spaventapasseri. Sarà inoltre premiato con una tessera per 5 Sabati di laboratorio a Officina Letteraria e con un abito de Lo Spaventapasseri a scelta. Il 2° classificato sarà premiato con una tessera per 3 Sabati in Officina e un golf a scelta de Lo Spaventapasseri Il 3° classificato sarà premiato con una tessera per 2 Sabati in Officina e un accessorio a scelta de Lo Spaventapasseri.
Questo terzo post sui lavori in corso a Officina Letteraria è dedicato a un’attività cominciata nell’estate 2012, la settimana nota come Scrivere ad Apricale. Un laboratorio di scrittura e una settimana di vacanza nel paese medievale della Val Nervia, un luogo ricco di suggestioni per chi ama scrivere: non isolato, ma appartato e abbarbicato sulla pendice al sole di una collina, escluso alle automobili, un paese di pietra, circondato dal verde e dagli ulivi e dalla natura aspra e ruvida tipica della Liguria e in particolare delle zone di confine. Il laboratorio, condotto da Emilia Marasco, Bruno Morchio e Claudia Priano, ha favorito una relazione tra i partecipanti e il luogo attraverso l’incontro con gli abitanti e le loro storie. Il Comune di Apricale ha messo a disposizione la Biblioteca, Atelier A si è aperto per l’affollato reading finale, il tempo libero è stato utilizzato da ciascuno per la scoperta del paese e l’esplorazione dei dintorni. Durante il laboratorio si sono lette le pagine di Calvino, Biamonti, Orengo. L’esperienza ci ha confermato il valore del viaggio come proposta per i laboratori di scrittura. Spaesarsi, cambiare punto di vista, acquisire consapevolezza di un proprio modo di percepire e vivere gli spazi e trasformare tutto questo in parole, raccogliere storie, lasciarsi attraversare dalle storie, raccontarle. In un tempo in cui si è in ogni dove senza muoversi da casa, in cui si è insieme agli altri stando ben fermi nella propria solitudine, in cui è possibile documentarsi su luoghi, persone e storie con un clic, ogni tanto è importante prendersi una vacanza, respirare una boccata d’aria, toccare con mano ed essere davvero da qualche parte con qualcuno. Dobbiamo creare momenti di scambio tra i due binari sui quali corre il nostro tempo. Così è nato SCRIVERE A… Dopo Scrivere ad Apricale ci sono stati Scrivere a Varsavia e Scrivere a Cracovia. Grazie alla SIL (Società Italiana Letterate) è entrata a far parte del gruppo di Officina Letteraria Zuzanna Krasnopolska, ricercatrice dell’Università di Varsavia specializzata in Italianistica, che ha organizzato i viaggi di Officina a Varsavia nel 2013 e a Cracovia nel 2014 e che, nel 2015, ci accompagnerà a Praga. Abbiamo scritto a Varsavia dopo aver incontrato alcuni giovani studiosi di Lingua Italiana all’Università, dopo aver percorso la città sulle orme dei protagonisti di alcuni romanzi, dopo aver ascoltato poesie e canzoni, visto film. I racconti scritti dai partecipanti al viaggio e dagli studenti dell’Università sono stati letti nella sala del Museo della Letteratura di Varsavia, in ogni racconto c’era una traccia dell’incontro con Varsavia e dell’incontro con le persone. Abbiamo scritto a Cracovia dopo un seminario sulle antiche leggende cracoviane, dopo la visita alla città e al suo ghetto, alla Kricoteka di Thadeus Kantor, ad Auschwitz e Birkenau, alle miniere di sale. Con la nuova stagione di Officina, per arricchire e diversificare l’attività e offrire esperienze accessibili a tutti, scriveremo a Praga a giugno 2015 ma, nel corso dell’anno, scriveremo a Milano con Elena Mearini in collaborazione con Art in the City, scriveremo In cammino con Laura Guglielmi, Giacomo Revelli e Marino Magliani in un percorso di trekking e nell’estate 2015 ci sarà una Summer School ad Apricale. Nel frattempo scriveremo ( e leggeremo) nella sede di Officina Letteraria in via Cairoli4/B, nei caffè, nelle librerie, nei musei, in giro per la città e al Palazzo Ducale di Genova, in un laboratorio aperto al Festival L’Altra metà del libro.
Autunno, è tempo di scrivere. La fine dell’estate, anche quando la stagione è volubile e poco all’altezza delle aspettative, apre sempre a nuove energie, propositi e progetti. È tempo di scrivere. Perché? Perché è ora di tirare fuori un sogno dal cassetto, è ora di cimentarci con uno strumento che sappiamo o pensiamo di possedere, è ora di consolidare una pratica, di confrontarci con qualcuno, è ora di consegnare a una pagina i pensieri che ci attraversano la mente. È tempo di ripresa e di novità. Ecco le novità di Officina Letteraria che troverete su questo sito, ma anche su www.mentelocale.it a partire da settembre. Tre livelli di Laboratori per chi vuole affrontare un percorso graduale di approfondimento delle tecniche di narrazione. Quest’anno li abbiamo identificati con un titolo: La Grammatica delle Storie è il primo, I Ferri del Mestiere il secondo, Una stanza tutta per sé il terzo. A guidare i partecipanti nel viaggio dentro le storie e la scrittura, fino alla realizzazione di un progetto personale, saranno Ester Armanino, Laura Bosio, Emilia Marasco, Bruno Morchio e Sara Rattaro. Per questi laboratori sono previsti anche gli interventi di Federica Manzon, editor Mondadori e scrittrice, e di Elisa Tonani, esperta di punteggiatura. Per chi cerca una situazione meno impegnativa e strutturata, ma ugualmente ricca di stimoli e di incontri, c’è il laboratorio Leggere e Scrivere, con un tutor che coordina tanti interventi di scrittori e professionisti diversi che porteranno un suggerimento di lettura e una proposta di scrittura: Valeria Corciolani, Gaia De Pascale, Barbara Fiorio, Laura Guglielmi, Elena Mearini, Antonio Paolacci e Cesare Viel. Un Laboratorio che prevede alcune sessioni di scrittura anche in spazi diversi dalla sede di Officina, come librerie, caffè, musei. La positiva esperienza, nella passata stagione, del Sabato in Officina dedicato alla scrittura per l’infanzia, ci ha convinti a dedicare uno spazio più ampio a un genere che ha anche fortuna e solidità editoriale, che interessa ai genitori, agli insegnanti e molti aspiranti scrittori. Il laboratorio Oltre le fiabe sarà condotto da Anselmo Roveda e Sara Boero, in collaborazione con la rivista Andersen e con l’associazione Officine narrative, con interventi di illustratori e specialisti del settore. Da ottobre riprende anche il fortunato ciclo Sabato in Officina, una full immersion di sei ore, un sabato al mese, sempre con scrittori e artisti diversi. I primi tre incontri saranno con Gaia De Pascale per Scrivere di viaggi, Pino Petruzzelli per Scrivere un monologo, Giampiero Alloisio per Scrivere una canzone. Si proseguirà con Chicca Gagliardo, Elena Mearini, Antonio Paolacci, Patrizia Traverso e altri autori che porteranno la loro esperienza in un’attività di laboratorio. L’anno nuovo porterà il Corso pratico di editoria e scrittura di Antonio Paolacci, il Laboratorio di lettura consapevole Ad alta voce tenuto da Dario Manera, due workshop, con Giulio Mozzi e Paolo Nori e il Laboratorio di legatoria con Marta Wrubl. A conclusione dell’attività, a maggio, la settimana intensiva sulla Sceneggiatura per il cinema con Federica Pontremoli, un laboratorio di 35 ore. È tempo di scrivere.