Decimo e ultimo racconto del nostro laboratorio estivo di Apricale 2016.

Un gioco di ruolo narrativo durato cinque giorni.

Ciascuno dei personaggi, delineati con una sorta di “binomio fantastico”, aveva il compito di scoprire e raccontare la storia di uno degli altri personaggi. Come? Scopritelo leggendo!

La contessa decaduta e il bambino americano

di Angela Gambardella

… 5, 6, 7, 8 perbacco! I rintocchi mi dicono che sono in ritardo oggi. Che sbadata! Devo correre in cima alla terrazza a salutare Perinaldo. Chiudo gli occhi e mentre canticchio nella mente una marcetta nuziale, un piccione in atterraggio mi sfiora la sciarpa avvolta intorno al collo. Subito dopo mi arriva una pallonata. Al mio solito strillo di spavento risponde una risata dalla piazza. Mi affaccio e ti vedo sghignazzare con insolenza.

“Moccioso, vieni a riprenderti la tua palla!”

Ti materializzi subito al mio cospetto e ti guardo con una smorfia di disgusto: da quanti giorni non fai una doccia? E quella macchia attorno al labbro è un principio di pubertà precoce o tracce paleolitiche di gelato al cioccolato?

I capelli sono biondi ma aggrovigliati come dreadlock.

“Non ti avvicinare, carino”, ti dico facendo un passo indietro e un sorriso di circostanza. Tu mi guardi con aria di sfida e cominci a canzonarmi: “hai paura dei piccioni, cosí grande!” Riconosco un accento americano e ti domando da dove vieni.

Miami: mi spieghi che la Florida è un’appendice a sud degli USA. Che saputello!

Indignata ribatto: “Beh certo, so benissimo dov’é la Florida. Ma cosa ti ha portato qui? Dove sono i tuoi genitori?”
Dici di non ricordare nulla ma non sembra essere un problema per te. Ti volti di scatto verso il campanile e noti la bicicletta parcheggiata sulla guglia. Mi chiedi di custodirti la palla perché adesso vuoi andare a prenderti la bicicletta. Ne hai bisogno per raggiungere il confine francese: 2 ruote sono meglio di 2 gambe. Io invece prima vorrei recuperare dei guanti in lattice e del CIF per pulirti il muso. È così che si lavano i bambini, vero? Istintivamente chiamo la servitú in cerca di aiuto ma non risponde nessuno.

Cerco di stabilire una relazione con te mentre tenti di parare i colpi di spugna. Nella colluttazione mi chiami maestra, poi ti correggi, teacher. Non faccio caso a questi dettagli, l’importante è renderti annusabile. Continui a parlare della Francia e mi pare di intendere che vuoi andare lí per raggiungere la tua famiglia.

Ma perché ti hanno lasciato solo?

Nel frattempo sei più calmo e pulito. Parli poco, ma quello che dici è deformato dall’accento, che comunque sembra forzato. Mi domando se tu non lo faccia apposta.

Pian piano inizi a fidarti di me, forse perché sotto sotto in qualcosa ci assomigliamo. Ti prometto che farò tirare la bici giù dal campanile. Sembri più sereno adesso, e inizi a lanciarmi la palla, ma questa volta per giocare. Io son goffa ma ci sto.

Inizi a fare sfoggio della tua sapienza e mi citi a memoria la catena montuosa alpina da levante a ponente, non omettendo il numero di pagina in cui inizia il capitolo. Nonostante la perdita di memoria temporanea mi sovviene il ricordo di essere una donna distratta. Eppure mi appare bizzarro che in America si studino i giovanissimi frammenti lapidei che svettano in Europa.

Man mano che parli tradisci sempre più un gioco furbo che hai deliberatamente deciso di applicare. Fai finire tutte le parole con la W… Una sorta di alfabeto farfallino rivisitato.

Con quell’accento bugiardo continui a chiedermi quando potrai avere la bicicletta appesa al campanile. Che sia questo l’indizio rilevante?

Ti lascio lì e provo a chiedere aiuto a qualcuno in paese. Mentre cammino per le strade un cartello che indica il vicolo Ristretto mi attira a sé. Lì trovo uno zainetto azzurro dov’è disegnato uno stemma che racchiude una grande N. Deve trattarsi di una stirpe nobiliare a me sconosciuta, quindi di scarso interesse. Accanto c’è una scritta infantile:

FORZA NAPOLI

Apro la borsa e trovo i seguenti oggetti:

  •  un pupazzo dalle sembianze di Shrek vestito da calciatore con la maglia azzurra numero 10;
    un sacco a pelo logoro;
  •  3 ovetti Kinder di cui 2 aperti e ricomposti ma senza la sorpresa dentro;
  •  2 sorprese Kinder smembrate, evidente segno di scarso interesse del fortunato proprietario, oppure no;
  •  una borraccia con un liquido giallastro, forse succo d’arancia allo 0,3%;
  •  una cartina spiegazzata delle Alpi Marittime dove è stata tratteggiata a pennarello una pista ciclabile che parte dal Col di Tenda e arriva a Marsiglia passando per Apricale;
  •  un portafogli contenente ben 250 euro.

Mi accorgo che è annotato il numero di un cellulare. Lo compongo speranzosa e all’altro capo della cornetta mi risponde una signora dalla voce afflitta: non ci metto molto a scoprire che si tratta della tua mamma. Povera donna, è disperata: sei scappato di casa in bicicletta due giorni fa per compiere un’impresa ardimentosa. Volevi arrivare fino a Marsiglia per vedere la semifinale degli europei.

E hai pure pensato bene di spacciarti per americano, riciclando le quattro parole in croce che hai imparato alla TV! Un piano a prova di bomba: ma stasera qualcosa mi dice che la partita te la perdi…

 

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