Ho avuto il piacere di visitare la redazione di Andersen – Il mondo dell’infanzia, per intervistare la direttrice responsabile Barbara Schiaffino. La sede della rivista è vicinissima a una delle zone più affascinanti e panoramiche di Genova (spianata Castelletto) ed è un posto accogliente, “caldo”, tappezzato di libri: un posto in cui si respira cultura, familiarità, amicizia. La rivista Andersen (oltre che sul sito ufficiale, potete trovare informazioni sulla ricchissima pagina Facebook) è nata nel 1982 ed è l’unico mensile italiano interamente dedicato alla cultura per l’infanzia: grazie alle collaborazioni con esperti internazionali di altissimo livello, negli anni è diventata un punto di riferimento per scuole, biblioteche, lettori, insegnanti, e chiunque si occupi di cultura per l’infanzia e didattica. Il coordinamento redazionale della rivista è affidato a Walter Fochesato e Anselmo Roveda, per Officina “maestro” del laboratorio Oltre le fiabe. Ma Andersen è anche un premio annuale: il più ambito riconoscimento assegnato in Italia agli autori, ai libri, agli editori per ragazzi e ai promotori della lettura. Il premio ha luogo a Genova (dal 2010) a fine maggio, in una cornice di iniziative e incontri in luoghi diversi della città. Non si tratta dell’unico evento curato da Andersen, che nel corso dell’anno collabora in questo senso con enti pubblici, organizzazioni e aziende per mostre, cicli di formazioni e iniziative diverse. Ecco la chiacchierata con Barbara Schiaffino. Come nascono la rivista Andersen e il premio Andersen? Da un bisogno di informazione e da un’intuizione. Nei primi anni ’80 si cominciava a delineare un panorama sempre più ricco di proposte rivolte all’infanzia, articolato in numerose sigle e progetti editoriali che davano voce a nuovi modi e stili con cui scrittori e illustratori rivolgevano le loro storie ai bambini e ai ragazzi. Questo per quanto riguarda l’offerta, ma anche da parte della domanda si stavano manifestando grandi cambiamenti con l’apertura di librerie specializzate e l’istituzione e il consolidamento delle sezioni ragazzi delle biblioteche di pubblica lettura, le prime realtà in Italia a prendersi in carico la promozione della lettura tra i ragazzi. Un mare di nuovi libri e autori, affascinante ma impegnativo da navigare senza un sestante per orientarsi e individuare le rotte del viaggio. Un mare di nuovi libri e autori, affascinante ma impegnativo da navigare senza un sestante per orientarsi e individuare le rotte del viaggio. ANDERSEN è nata con questa missione e continua ancora oggi – mese per mese dalle pagine della rivista e una volta all’anno con le scelte della giuria del premio – a suggerire percorsi, a far conoscere con tempestività le novità più interessanti e mettere in rilievo le qualità espresse dalla letteratura e dall’editoria. Un osservatorio capace di uno sguardo ampio e internazionale, impegnato a raccontare ai lettori del nostro paese quanto accade nella cultura dell’infanzia a tutto tondo. Come è cambiato il mondo dell’editoria da quando hai iniziato a lavorare in questo settore ad oggi? Ho cominciato a metà degli anni ’90, un momento molto fecondo: aumentava il numero di novità proposte dagli editori, nascevano nuovi editori impegnati sul fronte della valorizzazione dell’albo illustrato, cresceva la qualità complessiva della proposta. In questo fiorire, di quantità e di qualità, il settore ha poi trovato, nel volgere di pochi anni, una sua stabilità. Alcuni editori sono nati, altri si sono ritirati, ma il complesso dell’offerta di lettura è rimasto sostanzialmente immutato almeno per tutto il primo decennio del nuovo millennio. Qualche cambiamento, non un vero e proprio arretramento, piuttosto una più oculata gestione dei cataloghi è intervenuta in questi ultimi tre anni di crisi. Discorso diverso per i fenomeni, le mode, le soluzioni editoriali che mutano assai più velocemente, ma questo è comune ad altri settori del libro. Infine, in questo ultimo biennio si è molto parlato di digitale e lettura, ma per quel riguarda i giovani lettori – forse ad esclusione dei cosiddetti young adult – il cartaceo non conosce una messa in discussione pari a quella vissuta da altri segmenti dell’editoria, merito pure del bisogno di spazi per l’illustrazione, non ancora surrogabili nel digitale, e della lettura come esperienza anche “fisica” per i più piccoli. Vedi dei cambiamenti anche dal punto di vista dei “lettori”? Quanto e cosa leggono le nuove generazioni? I lettori godono dell’offerta e della capacità dei mediatori della lettura di porgere loro i libri; in libreria, in biblioteca, a casa e a scuola tutto dipende dall’accessibilità a buone letture, di narrativa e di illustrati. In generale, pur a fronte di fenomeni mass market che coinvolgono soprattutto i lettori occasionali e che non stigmatizzo perché magari rappresentano una prima opportunità d’incontro col libro; in generale, dicevo, esistono giovani e giovanissimi forti lettori che fruiscono dei molti bei libri ogni anno pubblicati in Italia. Di certo, il mercato italiano è un ambito ristretto, basta vedere il numero delle tirature medie che spesso non raggiungono le 2000 copie. Quanto leggono? Le statistiche dicono molto più degli adulti, ma il dato va sempre tarato con la lettura ‘prescritta’. Cosa leggono? Di tutto, certo con picchi e preferenze chiare rivolte ad alcuni fenomeni editoriali perduranti o di moda. Nel primo caso penso ai libri di Geronimo Stilton e compagnia, a quelli di Licia Troisi, alla Schiappa, per certi versi a Harry Potter; nel secondo caso alle molte serie, soprattutto per adolescenti, che hanno indagato paranormale, distopie, vampiri, lupi mannari… Che soluzioni e prospettive vedi per quanto riguarda la crisi del settore editoriale? No comment. O meglio servirebbero un centinaio di pagine… a parte gli scherzi… voglio essere fiduciosa. Spero, e conto, che i prossimi anni portino un po’ di sollievo per tutti, filiera del libro compresa. Tre libri che hai letto da bambina e che ti hanno “accompagnata” nella vita Il primo è stato “Favole al telefono” di Gianni Rodari nell’edizione Einaudi illustrata da Bruno Munari. L’ho sentito mio ancor prima di leggerlo, perché conoscevo già molte di quelle storie che mia mamma, insegnante elementare, mi aveva raccontato con parole sue, facendomi pregustare il sapore del libro: quando mi è arrivato in dono sapevo che era stato scelto