Perché leggere Terry Pratchett di Barbara Fiorio. Per dare il titolo al Laboratorio di Scrittura Ironica che ho tenuto nel novembre 2013 a Officina Letteraria, ho scelto una frase di Terry Pratchett, presa da uno dei suoi ultimi libri tradotti in Italia, Tartarughe divine. Avrei potuto citare Pirandello, Calvino o Flaiano, avrei potuto tuffarmi negli aforismi di Wilde, avrei potuto scomodare Rabelais o persino Shakespeare. Tutti scrittori che hanno fatto dell’ironia, del sarcasmo, dell’umorismo sottile, ma anche della comicità, capolavori della letteratura. Il sarcasmo con certe persone è utile quanto lanciare meringhe a un castello E invece ho voluto rendere omaggio, un minuscolo omaggio, a un autore tra i più conosciuti nel mondo anglosassone, tradotto in 37 lingue, in milioni di copie. Di premi, riconoscimenti e lauree honoris causa ne ha piene le mensole, grazie ai quaranta libri che ha pubblicato negli ultimi trent’anni. Eppure, solo la metà è stata tradotta in Italia. Potrei parlarvi almeno di questi venti, direte voi, o almeno di uno di questi venti, ma prima vorrei spiegarvi perché secondo me Terry Pratchett lascerà un’impronta indelebile nella letteratura del nostro tempo (di che forma sia poi quell’impronta, ha poca importanza). Fa ridere alle lacrime. Fa ridere. Certo, fa ridere. Fa ridere alle lacrime, fa ridere in modo intelligente, colto, sottile. E fa sentire intelligenti mentre si ride, fa sentire adulti anche se si parteggia per un troll. Incanta con il suo sarcasmo, con la raffinatezza delle metafore, con l’eleganza nel toccare qualsiasi tema, dalla politica alla religione, dalla filosofia alla superstizione, dal sesso alla magia, dalla storia alla morte. Conquista con la sua genialità, con i giochi di parole e perché non è mai scontato. Lui soffia sulla mediocrità umana e la eleva fino a renderla commovente, se gli va. Fa il giocoliere con i dubbi e le paure, con i meccanismi della gente comune e con le astuzie di chi governa il mondo, e non si pone il problema di raccontare le sue storie in mezzo a draghi, golem o gilde di assassini. Anche Goethe è Fantasy. Chi ha bisogno di definire il genere, lo definisce fantasy. Sarà. Allora sono fantasy anche Goethe, Shakespeare, Dante e Omero. Se avete voglia di scoprirlo, seguite le sue Guardie cittadine su Mondodisco, partendo da A me le guardie!, Uomini d’arme e Piedi d’argilla. Oppure leggete Streghe all’estero, dove tre streghe irresistibili e un gatto sono alle prese con un lieto fine imposto da una fata madrina dittatrice, o Morty l’apprendista, dove la Morte – che parla rigorosamente MAIUSCOLO – cerca un apprendista per andare in vacanza tra gli umani, o Il tristo mietitore, dove la Morte viene licenziata (e noi tifiamo per lei). Ma se volete uscire da Mondodisco, fate amicizia con Il piccolo popolo dei grandi magazzini, dove i Niomi (sic!) cercano rifugio in un grande magazzino che si rivela essere un mondo a sé, con strutture sociali e religiose ben precise. E se vi incuriosisce vedere come se la cava Terry Pratchett insieme a un altro grande autore come Neil Gaiman, be’, non mi resta che augurare: Buona Apocalisse a tutti.