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Scrivere, letteralmente: intervista a Francesca Biasetton.

Ha scritto i titoli di testa per La leggenda del pianista sull’oceano e il payoff delle Olimpiadi invernali di Torino. Conosce l’alfabeto arabo e quello latino. Ha esposto in Austria, Germania, Iran, Pakistan e lavorato con i principali brand della moda italiana. Mescola diversi saperi, tra calligrafia, illustrazione e arte.  È Visiting Professor presso la NABA e, dal 2011, Presidente dell’Associazione Calligrafica Italiana. Francesca Biasetton, di tutte queste cose, difficilmente vi parlerà, perché, come molti suoi concittadini genovesi, è una persona riservata cui bisogna estorcere le informazioni (che, più pacificamente, trovate sul suo sito). Capirete, quindi, come quanto leggerete dopo non sia resoconto della classica intervista organizzata via email o al telefono, ma, più che altro, il frutto di un’amichevole chiacchierata. Nei vicoli di Genova, intorno a un tavolo, davanti a un tè. Sappiamo che sei una lettrice forte: che libro hai sul comodino? Dopo anni di escursioni in terra straniera – e in lingua straniera – un classico: Gadda, La cognizione del dolore. Le discipline creative, come calligrafia e scrittura, si possono insegnare? Si può insegnare la tecnica, si possono dare consigli per l’ascolto, ma sentire, in modo personale, è qualcosa che fa parte del nostro essere unici. Scrittura a mano (e corsivo) stanno scomparendo: cosa perderanno le prossime generazioni? Tempo, con l’illusione di averne guadagnato: il tempo dell’immaginazione, dell’apprendimento, del pensare, del progettare. Perderanno la possibilità di tradurre il proprio pensiero in modo personale. Abbiamo (ancora) presente la differenza tra un manoscritto e un testo digitato? La distanza emotiva tra una lettera d’amore e una email d’amore? Si dovrebbero tenere in tensione creativa i diversi strumenti, evitando di essere nostalgici rispetto al passato o eccessivamente fiduciosi nel digitale. Si dovrebbero tenere in tensione creativa i diversi strumenti, evitando di essere nostalgici rispetto al passato o eccessivamente fiduciosi nel digitale. Pensare e scrivere: a mano, a macchina, al PC. Quanto incide il mezzo sul contenuto? Scrivere utilizzando il PC ci ha abituati a pensare velocemente, con la possibilità di cambiare facilmente: copia e incolla, fai e disfa: non esistono più la brutta e la bella copia, distinte una dall’altra. Nel mio lavoro mi occupo di forma piuttosto che di contenuto e so che c’è la possibilità di correggere, cambiare, trasformare quello che è stato creato a mano, una volta acquisito con lo scanner. Ma quando si lavora a un originale non c’è margine d’errore, occorre un’altissima concentrazione. La funzione dell’illustrazione rispetto a un testo: didascalia, supporto o pari dignità? Dipende dal contesto, dall’immagine/illustrazione e da cosa si desidera comunicare. Mi piacciono molto le illustrazioni “sintetiche” che lasciano a chi le guarda ampie possibilità di “completarle”. Viceversa, quando un’immagine è molto descrittiva, ci si può concentrare sui numerosi dettagli, e perdersi. Ci hanno detto che odi le font script: il Times New Roman corpo 11 ti piace? Corpo 10; le font script sono un falso, un vorrei ma non posso, un imbroglio: se si vuole rendere un testo speciale, quindi scritto a mano, perché utilizzare una font che imita questa unicità, senza essere unica? Esistono anche macchine che scrivono “a mano”: il destinatario dovrebbe sentirsi offeso da questa finta “preziosità”. Per anni hai scritto migliaia di parole e, adesso, stai sperimentando l’asemic writing? Di che si tratta, esattamente? Scrittura illeggibile, testo aperto, immagine astratta: mette il fruitore in equilibrio tra leggere e guardare. Per me, che ho seguito un percorso di apprendimento della calligrafia formale, studiando i modelli storici, e professionalmente ho scritto “a comando” per i clienti, è stato uno sviluppo naturale: liberarsi delle forme codificate, del testo e, in un primo tempo, anche dai colori. Rompere le regole, ma solo dopo averle apprese. Qual è l’editore italiano con il format grafico che ti piace di più? Mi piace l’impronunciabile 66thand2nd. E sono nostalgica per il minimalismo di Einaudi. Scriveresti un libro intero? Preferirei fare le figure. Il manoscritto formale, il “buono alla prima”, senza possibilità di sbagliare, non appartiene al mio temperamento. Però potrei fare un manoscritto asemic… Hai scritto su carta, vestiti, mobili, corpi, biciclette: il prossimo obiettivo? Tornare a scrivere sui muri, grandi dimensioni. E poi un desiderio che ho da tempo, lavorare con un danzatore: quando ho iniziato a scrivere in grandi dimensioni è sorto spontaneo questo desiderio, perché scrivere “nello spazio” è una sorta di danza, i movimenti non sono più circoscritti al tavolo da lavoro, diventano ampi; mi piacerebbe “dialogare” con un danzatore. Ma anche disegnare di più, bic su carta. Se potessi scegliere, l’opera di quale autore contemporaneo vorresti illustrare? Thomas Bernhard, vorrei saper rendere quel suo modo di criticare, così ironico e autoironico, incalzante. Mi viene in mente un gioco di negativo/positivo, dove si vede un’immagine che, osservata attentamente, ne rivela altre. Ci fai un autografo? Con la tastiera?