Il bosco odorava di more selvatiche. Un riccio, poco più grande di una zucca, si faceva strada nel sottobosco umido, in cerca di vermi e lombrichi carnosi. A un tratto sollevò il muso e corse via zigzagando tra le foglie. Gretel fece un balzo e soffocò un grido. ― E’ solo un riccio. La apostrofò Hansel, sbuffando sonoramente. ― Shh… ho visto un’ombra, lì, dietro quel tiglio. Ho paura. Gretel si aggrappò al braccio del fratello e si guardò attorno tenendo una mano sulla bocca. Il bosco scricchiolò nella luce del pomeriggio e un lembo di rosso spuntò da un cespuglio di rovi. ― Ma è solo una bambina! Gretel scoppiò in una risata aperta e la bimba si rivelò del tutto. ― Scusate se vi ho spaventato. Mi sono persa, ho sentito dei rumori e temevo fosse il lupo. Hansel e Gretel si avvicinarono alla bimba facendo scricchiolare le foglie secche. Un sol boccone di Antonella Botti ― Io mi chiamo Hansel e lei è mia sorella Gretel. Non abbiamo visto nessun lupo. Girovagavamo nel bosco, poi abbiamo sentito un profumo invitante di burro e zucchero e abbiamo seguito la traccia fin qui. ― Mi chiamano Cappuccetto rosso, non ho nulla da mangiare. Mostrò un cestino vuoto e aggiunse. ― Sento che il lupo mi sta seguendo. Si voltò verso nord con le mani strette sul cestino, le nocche chiare, gli angoli della bocca all’ingiù. ― Mia nonna abita oltre il fiume, stamattina abbiamo mangiato le focacce al miele ― abbozzò un sorriso ― mi sembra passata un’eternità. ― Vieni con noi, segui questo profumo. Lo senti? Gretel allungò una mano aperta verso Cappuccetto rosso. Le bimbe sorrisero. I tre si presero per mano e si addentrarono nel bosco. Camminarono il tempo che impiega un tasso a scavare una galleria profonda e ritrovarono quel profumo. A occhi chiusi la seguirono, mani sudate e testa in su. Il lupo ripartì, col muso a terra e l’animo leggero. Le prede erano aumentate. E poi, i tre bambini, finalmente, la videro. Morbidi fiori colorati, coperti da cristalli di zucchero, circondavano una piccola casetta dai muri soffici di focaccia dolce. Archi di cioccolato circondavano le lastre delle finestre ambrate, erano così simili al caramello. I bambini lasciarono andare le mani, finalmente alla meta, corsero verso quel sogno dolce e attraente. Con le dita affondate nei vasi ricolmi di cioccolato, intravidero la porta socchiusa. Cappuccetto rosso richiamò i fratelli con le mani sporche di crema e un largo sorriso di cacao. Gretel corse in direzione di lei ― Se fuori è così, immagina dentro. Rise in direzione di Hansel. ― Forse è meglio di… Ma Cappuccetto rosso e Gretel erano già scomparse all’interno. Hansel guardò intorno il bosco buio e immobile ed entrò, facendo cigolare il grosso biscotto che lo divideva dalle bambine. ― Non vedo nulla. Cappuccetto rosso procedeva tentoni sul pavimento, scontrò un tavolo di legno e si fermò. ― Qui non c’è quel buon odore, usciamo ― fece Hansel. Uno scricchiolio più lungo e la porta si chiuse sbattendo. I tre bambini non videro chi li raccolse come legna da ardere e li caricò all’interno di una casetta di legno, un tetto, sbarre e troppa distanza da terra. Sentirono solo un odore asciutto di polvere antica che tolse loro il fiato mentre cercavano di urlare. La mattina successiva, appena svegli, i bambini trovarono tre piatti ricolmi di frutta, patate dolci, frittelle e succhi profumati. Mangiavano e piangevano, guardandosi muti e incapaci di darsi una ragione. Di sera, al buio, una figura si muoveva attorno al camino, sorbiva al tavolo da ciotole di legno, si avvicinava alla gabbia in silenzio e lasciava sui vestiti dei bambini lo stesso odore secco di polvere antica. Trascorsero gli stessi giorni che impiega un merlo a costruire un nuovo nido. Quel lupo magro e grigio si aggirava da giorni intorno alla casa. Forse aspettava che i bambini uscissero o forse no. Annusava i dolciumi che grondavano da quella casetta isolata e si allontanava disgustato. Tornò ogni giorno, senza mollare l’odore della sua preda che si faceva sempre più fievole e si mescolava a un sentore di latte grasso, fresco, appena munto da gonfie mammelle di mucca. Una notte, quella più scura che Hansel e Gretel avessero mai ricordato, quella figura restò attorno a loro più a lungo. Armeggiava in un vano che i bambini avevano sempre visto chiuso da uno sportello pesante. Rumore di legna, crepitio e poi il fuoco. Una voce rauca, di donna, o forse no, con un alito caldo che sembrava vivo e che si infilò tra le sbarre pesanti, disse: ― Questa notte vi mangerò. I tre bambini si aggrapparono alle sbarre e liberarono tutta la voce che in quel tempo indefinito era rimasta prigioniera nelle loro gole. Cappuccetto spalancò quanto più possibile gli occhi per vedere quella figura, Hansel urlò: ― Non toccherai mia sorella, brutta strega. Gretel lo guardò. Appena ebbe ascoltato quel nome, capì finalmente e cadde immobile. Cappuccetto guardò la bimba nel suo vestito azzurro ormai sgualcito e interrogò con lo sguardo Hansel. ― Una… mangiabambini? Hansel si accasciò in un angolo senza annuire e la porticina, al buio, si aprì. ― Comincerò da voi due. La figura spalancò la gabbia e infilò un braccio robusto dentro, senza guardare, cercando di afferrare qualunque cosa viva si muovesse sotto le sue mani. Strinse Hansel nella sua morsa, il ragazzino cercò di opporre resistenza, ma venne portato fuori come un giunco. Toccò a Cappuccetto, immobilizzata dalla paura. Appena sentì quel tocco capì che quella figura era una donna. Il fuoco ormai sfavillava nel forno e i ciocchi di legno di castagno crepitavano e rischiaravano a sprazzi la casetta umile: un tavolo, un mobile, un camino, un pagliericcio e vasi a terra sparsi senza ordine. Cappuccetto rosso aveva finalmente visto dove aveva trascorso tutto quel tempo. Quella donna gettò la bimba accanto a Hansel, sotto il forno, tra le faville e le lingue di fuoco che bucavano i vestiti e