Scrivere apre i porti - immagine

Questo che puoi leggere di seguito è uno dei racconti finalisti al concorso “Scrivere apre i corsi”, organizzato da Officina Letteraria per l’anno 2018/2019.

I racconti possono essere votati utilizzando il pulsante che trovi in fondo all’articolo. Potrai votare ogni racconto una sola volta, fino alle 24:00 di domenica 23 settembre 2018.

Al termine del concorso, l’autore del racconto che avrà ricevuto più voti, vincerà l’iscrizione gratuita al laboratorio di scrittura di 1° livello La grammatica delle storie.

A questo link puoi leggere tutti gli altri racconti in concorso.

Buona lettura!


4 settembre 2010

di Maurilio Tavormina

Sono le 19 e 41 e il pensiero di lei mi ha appena sconquassato come se fossi stato tamponato da un blindato portavalori. Ho dovuto accostare la mia Duna come per scendere e constatare il danno. Parabrezza annebbiato dalla salsedine, litoranea deserta e il vento che rincorre sabbia e lattine vuote su questo straccio d’asfalto. Un’altra estate pugnalata a morte da Settembre. Come ha fatto lei con me, lei che per me era sacra come una vacca in India.

Colpa di quell’idiota dagli occhi a mezz’asta anche da sobrio e la camicia da boscaiolo pure al mare. Ma assomigliava a Guccini quando abitava in via Fabbri 43 ed è per quello che me l’ha portata via. Recitava la parte di un novello Thoreau, tutto alpeggi e legna da tagliare, ferrate, formaggio di malga e grandi silenzi con daini e caprioli. Ma non disdegnava la villa al mare dei suoi vecchi e i loro conti in banca. E Sara amava i conti in banca forse più di Guccini e adorava chi fingeva di non averli. Io non ho mai finto, non ne avevo bisogno.

Credevo che tenere un diario aiutasse a buttare fuori i propri pensieri, ma sono fesserie: la penso sempre. E allora sì, ora la penserò ancora più forte, penserò ai nostri giorni, ai nostri posti, alle nostre parole, penserò a tutte queste cose e le affiderò a quel gabbiano laggiù che pare ubriaco di salmastro ma è solo annoiato dal vento. Ecco, proprio ora scompare dietro il promontorio. La cercherà e la troverà perché i pensieri non li puoi fermare e arrivano sempre a destinazione. La troverà, forse in baita, ad aspettare il sosia di Guccini perso tra i boschi a parlare con i lupi, o forse sul pizzo di un monte, a chiedersi come c’è finita lì, lei, la mia vacca indiana senza più India. E quando, perduta nei suoi orizzonti senza blu, vedrà quella nuvola a forma di gabbiano, le arriverà il mio pensiero e si ricorderà del nostro mare, della nostra Fiat Duna giallo positano, di me e di quanto le ho voluto bene.

La radio passa il tormentone dell’estate, fuori tempo massimo. E pure per me si è fatto tardi.

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